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Weapon X

di Stefano Perullo

 

Wolverine (c) Marvel ComicsNel 1991 la Marvel comics, guidata all’epoca dall’Editor in Chief Tom De Falco, decise di svelare una parte di quel velo di mistero che ricopriva l’oscuro passato del mutante più brutto, sporco e cattivo, ma nel contempo anche più amato, del Marvel Universe: l’artigliato Wolverine.

L’incarico di narrare quest’avventura rivelatrice fu coraggiosamente affidato ad uno degli artisti più importanti della storia dei comics d’oltreoceano, quel Barry Windsor Smith che era salito agli onori della cronaca negli anni ’70 grazie allo splendido ciclo di storie per la collana di Conan, il barbaro cimmero creato dalla mente di Robert E. Howard. Una decisione molto coraggiosa sia per il nome dell’autore (dopo i fasti degli anni ’70, BWS aveva deciso di abbandonare la strada del fumetto seriale per dedicarsi alla sua passione originaria, la pittura, e solo sporadicamente si era occupato di comics) sia per la modalità con cui si decise di serializzare un’avventura tanto importante: 13 puntate di 8/12 pagine nella collana antologica Marvel Comics Presents (numeri 72/84).

BWS assunse con grande coraggio il compito di affrontare una sfida così ardua, cercando di rispettare una regola (forse) non scritta della casa delle idee inerente le origini di Wolverine: rivelare molti particolari tutto sommato insignificanti senza, nel contempo, rivelare nessun fatto saliente che potesse in qualche modo sminuire l’alone di mistero in cui è, ancora oggi, nonostante i tentativi di numerosi autori, avvolto il passato del mutante canadese.

Wolverine (c) Marvel ComicsNonostante questa imponente limitazione Smith riuscì a narrarci una storia avvincente e visionaria, rispettosa del personaggio quanto tremendamente violenta e spietata, carica di mistero ed ambientata in un malsano laboratorio popolato da tanti comprimari profondamente significativi. Una storia che ci narra di come uno scapestrato mutante di nome Logan (ma molti anni dopo scopriremo che Logan non è propriamente il suo nome) sia stato rapito per ordine di una eminenza oscura, un misterioso burattinaio che desidera creare un supersoldato, un’arma da guerra che, almeno nei piani originali, avrebbe dovuto rivelarsi spietata e facilmente controllabile, servendosi delle conoscenze scientifiche a propria disposizione e dei poteri di guarigione naturale di cui Wolverine è dotato. In un intricato groviglio di cavi e macchinari Logan appare come una cavia umana brutalizzata dalle pratiche pseudo-scientifiche di una equipe di scienziati senza scrupolo alcuno; sottoposto ad esperimenti dolorosi e disumani, in quel laboratorio sperduto nell’immensità  del Canada, in una fredda vasca criogenia, muore l’uomo conosciuto come Logan e nasce la bestia Wolverine. Una animale spietato che si ribella, vittima della cieca sofferenza e dell’odio ferino nutrito nei confronti dei suoi carnefici, in un crescendo di cieca  e spietata violenza. Un tragico intreccio di morte e brutalità che trasformerà l’uomo nella bestia errante che, preda di una selvaggia demenza, si aggirà senza meta nelle innevate foreste canadesi, in quei luoghi dove, alcuni giorni dopo la sua fuga, Wolverine verrà ritrovato da James Hudson, dando vita ad una amicizia che segnerà l’inizio della rinascita di Logan.

Weapon X si conferma, a 12 anni di distanza dalla sua pubblicazione originaria, un’opera bella ed indispensabile, un mirabile esempio di fusione perfetta tra testo e spettacolari disegni. Poco importa che ci abbia svelato davvero poco riguardo le origini di Wolverine (ma bisogna ammettere che anche la recente ORIGINI sia stata abbastanza parca di rivelazioni), poco importa se, dopo la sua pubblicazione, Chris Claremont (vero e proprio deus ex machina delle pubblicazioni mutanti) dichiarò che quelle narrate in Weapon X non erano le origini di Wolverine.

 

(18/2/2003)

 

   

 

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