Roi, il vampiro

di Daniele D'Aquino

 

Dampyr (c) Sergio Bonelli EditoreNo, il titolo non si riferisce al suo aspetto fisico (anche se col suo look dark non sfigurerebbe nei panni di un non-morto), ma alla curiosa coincidenza che l’ha portato a disegnare due storie di vampiri, uscite lo stesso mese per due testate diverse: Dylan Dog e Dampyr.

Ma come fa Roi a sfornare così tante pagine l’anno?

Probabilmente è il più prolifico tra gli autori bonelliani; ricordo un’intervista di qualche anno fa in cui dichiarò che a volte impiegava meno di tre mesi per completare un albo...roba da guinness dei primati! Merito sicuramente di una raggiunta maturità e di una padronanza del tratto, ma anche di uno stile “rapido” che punta più all’atmosfera che al dettaglio (e, ammettiamolo, gli consente di nascondere le imperfezioni; anche in queste cose si vedono i grandi disegnatori!)

Tre vecchie signore” segna l’esordio di Roi su Dampyr, collana che per le tematiche e le ambientazioni è quella che sicuramente più si avvicina all’Indagatore dell’Incubo. L’albo ci svela qualcosa in più dell’adolescenza di Harlan, di quando viveva in un imprecisato villaggio europeo insieme alle tre enigmatiche “zie”.

La storia scritta da Boselli (a proposito, in quanto a prolificità pure lui non scherza…sta portando avanti la serie da solo, sebbene di recente abbia anche subito un delicato intervento, dato che il co-creatore, Colombo, si è purtroppo dovuto allontanare dallo staff per gravi problemi di salute, curando ormai solo i testi per la Collana Almanacchi... e mi scuso se in passato avevo prestato fede ad illazioni poco veritiere) è interessante sia per la sceneggiatura ben costruita sia per le rivelazioni sul giovane Harlan e sulla gerarchia dell’universo dampyriano (Maestri della Notte, Naphidim, legge dell’equilibrio, guardiane della suddetta legge, ovvero le zie, che tanto assomigliano alle Moire greche…).

Anche “Manila”, 214esimo albo di Dylan Dog, ha a che fare con il passato: torna infatti la vampira vista quasi 3 anni fa nella doppia avventura dei numeri 180 e 181. Ai testi sempre Pasquale Ruju, autore di un sequel senza infamia e senza lode, che nulla aggiunge al tema dei succhiasangue; interessante la caratterizzazione di Manila, non altrettanto lo svolgimento della vicenda, abbastanza ordinario. Perché  non insistere di più sul rischio di vampirizzazione di Dylan, osando magari un finale aperto in cui il nostro salva la bella non-morta, invece di un epilogo così strappalacrime e risolutore? Un po’ di “coraggio narrativo” non guasterebbe…

E poi, perché tra tutti i possibili incidenti domestici (casa di Alec che esplode), Ruju è andato a scegliere quello più inverosimile e ridicolo (quasi chiaverottiano)?

Mentre cerchiamo una risposta, consoliamoci con la buona prova su entrambi gli albi di  Roi, che si dimostra ancora una volta a suo agio tra canini e giugulari. Molto riuscita la caratterizzazione di tutti i personaggi femminili, un po’ meno quella di Harlan, le cui fattezze a volte si discostano dai canoni della serie (ma non potrebbe disegnarla meglio quella barba???).

Per concludere due parole sulle copertine: svogliata ma attinente all’albo quella di Stano, ben realizzata ma troppo generica quella di Riboldi.

 

(9/7/2004)

 

   

 

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