Nathan Never #141: "La morte bianca"

di Daniele D'Aquino

 

Nathan Never (c) Sergio Bonelli Editore“C’è una guerra alle porte, e nemici spietati come Skotos e Mister Alfa sono tutt’altro che sconfitti…ma questo non ci deve impedire di aiutare le persone in difficoltà […] aiutare la gente qualsiasi” dice Nathan a May, infervorandosi.

E infatti nel numero di questo mese non ci sono giochi di potere, avversari temibili o complotti planetari, ma un comune caso di rapimento, di cui il nostro canuto agente speciale è stato testimone. Ogni tanto ci vuole un albo slegato dalla continuity e leggibile anche se non si è a conoscenza delle saghe passate e delle varie sottotrame…

La storia, scritta da Stefano Vietti, non è originalissima (il lavoro di Diane assomiglia molto a quello di Jennifer Lopez in “The Cell” e le bestie mutanti sono ormai un cliché), ma comunque è ben costruita e si fa leggere piacevolmente.

Fuorviante il titolo, che concentra l’attenzione su un aspetto piuttosto marginale dell’albo. E a proposito di “La morte bianca”, questo è anche il nome di un episodio di Kraken (testi di Segura e disegni di Bernet) in cui c’era un animale simile agli scramble che attaccava i malcapitati proprio in un sotterraneo.

Citazione volontaria o semplice coincidenza?

Da evidenziare il bacio finale tra Nathan e Diane: non è una forzatura romantica ma un sincero addio tra le uniche due persone altruiste e oneste dell’intera vicenda.

Tra l’altro il personaggio di Diane è il più interessante e sfaccettato di questo albo, dolce ma determinata, non priva di contraddizioni.

La sceneggiatura di Vietti è tradotta in immagini da Stefano Casini, assente da parecchio tempo dalle pagine neveriane. E’ sempre bello rivedere il suo tratto, che ci porta indietro di anni, a quei primi indimenticabili numeri, come “Operazione Drago”, “L’isola della morte” o “Gli occhi di uno sconosciuto”.

Casini conferma tutta la sua abilità nell’illustrare le scene d’azione, rendendo al meglio la velocità e la concitazione presenti nelle vignette.

Guardate ad esempio la sequenza della sparatoria al bar (tav. 71) e il successivo inseguimento, in cui grazie a inquadrature spettacolari e una sapiente composizione della tavola, riesce a trasmettere appieno il dinamismo degli eventi.

Molto efficace anche la recitazione dei personaggi, sempre espressiva e verosimile.

Casini delude invece nell’ambientazione: molte vignette sono spoglie, quasi tirate via; di sicuro una maggiore cura del particolare e degli sfondi non avrebbe guastato.

Concludendo, “La morte bianca” è un albo qualitativamente nella media: disegni buoni ma non eccelsi e una storia che pur non facendoci sobbalzare sulla poltrona, tuttavia non annoia.

(3/3/2003)

 

   

 

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