250 numeri per Martin Mystere

di Daniele D'Aquino

 

Martin Mystere (c) Sergio Bonelli EditoreAspettando la realizzazione dei cartoni animati, in cui apparirà ringiovanito e ribattezzato in Martin Mystery, il detective dell’impossibile taglia il traguardo dei 250 numeri con un’avventura dai sapori orientali.

La storia, iniziata nell’albo precedente, vede l’esordio ai testi di Gino Udina, già creatore di “Demon Hunter” (uno dei bonellidi più longevi) e ora impegnato sul “Messaggero dei Ragazzi” di Padova con la serie “Tao” (disegni e colori di Fabio Bono).

Questa sua prova su MM, pur non essendo un capolavoro, riscatta in parte l’unica altra sua storia pubblicata dalla Bonelli, ovvero la deludente “Le maschere della morte”, scritta insieme a Piani e Serra, apparsa sul primo numero di Agenzia Alfa.

Il soggetto non è dei più originali: ci troviamo di fronte alla solita caccia all’oggetto dotato di straordinari poteri, finito nelle mire di un cattivone disposto a tutto per averlo.

L’oggetto in questione è una perla leggendaria e misteriosa, e il villain di turno è uno spietato boss della mafia cinese.

Sicuramente meglio la sceneggiatura, scorrevole, in cui l’azione ha la meglio sulla didascalia. Certo anche qui non mancano difetti; ad esempio ho trovato improbabile la bomba al fosforo ad attivazione sonora (?) del finale, sia per quanto riguarda i suoi effetti (un uomo ridotto in cenere e altri due “cristallizzati”), sia per la sua costruzione (come ha fatto un archeologo e antropologo avanti negli anni a preparare un simile ordigno?).

Inoltre in tutta l’avventura c’è un problema di fondo: Martin, fatta eccezione per la scazzottata al mercato, è poco più di un semplice spettatore. Di questa cosa se ne è accorto anche Udina, che si salva in corner facendo dire al Maestro Guan Lo che la presenza di Martin e Java è stata importante perché ha determinato gli eventi.

Nonostante queste pecche, la storia si legge piacevolmente, grazie anche ad una ambientazione interessante e ben documentata, riprodotta graficamente da un  Giovanni Romanini in piena forma.

I suoi disegni hanno una grande immediatezza e sono sempre funzionali alla narrazione.

Mi sono piaciute molto le numerose panoramiche, davvero suggestive con quei neri ben bilanciati, e le scene più legate all’iconografia cinese, rese perfettamente dal tratto dettagliato.

Se proprio vogliamo trovare una piccola macchia nella sua prestazione, ci sarebbe da segnalare qualche libertà anatomica di troppo e la rigidità dei personaggi in alcune posture. Per esempio nella seconda vignetta di pag. 89 mi sembra sproporzionata la mano di Guan Lo rispetto alla testa dell’amico morente, a meno che quest’ultimo non soffra di cefalomegalia…

Tirando le somme, ci troviamo tra le mani una storia senza infamia e senza lode, con disegni più che convincenti.

Comunque ci attendiamo da Udina prove di maggiore rilevanza.

 

(23/1/2003)

 

   

 

www.amazingcomics.it