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La donna nel fumetto italiano

di Giampaolo Giampaoli

 

Le eroine dei fumetti possono essere forti come gli uomini? Oppure, per meglio porre il quesito, è concesso al protagonista di una serie di essere di sesso femminile? Un autore che decide di mettere la “gonnella” al suo personaggio principale a cosa va incontro? Come sempre accade quando si mette in commercio un qualsiasi prodotto artistico, poi all’atto pratico è il pubblico a stabilirne le sorti, e niente come una produzione ormai, ahimè, di nicchia come il fumetto è soggetto all’indice di gradimento dei lettori. Se la novità, di qualsiasi genere sia, piace tutto va bene, ma se non riscuote consensi, anche se è artisticamente ineccepibile, deve essere inesorabilmente soppressa. Quindi, per tornare alle domande che ci siamo posti, le risposte si possono trovare solo ripercorrendo la storia del fumetto italiano degli ultimi quarant’anni e cercando di capire, attraverso l’esempio offerto da alcune serie che sono o sono state tra le più apprezzate, cosa ha pensato e pensa tuttora il pubblico delle eroine desiderose di gareggiare con gli eroi in popolarità.

Per trovare i primi personaggi femminili di fumetti che potevano vantare una certa importanza nella loro serie ci si deve rifare al noir degli anni Sessanta e Settanta. Questo genere per le sue storie dai tragici risvolti, ambientate in lugubri ville isolate o in città moderne abitate da malviventi e assassini, si prestava alla presenza costante di personaggi femminili, che in molti casi assumevano un ruolo rilevante nello svolgersi della narrazione. È il caso della dolce compagna di Kriminal e della ormai nota Eva Kant, la fedele metà di Diabolik, ma in questi casi il gentil sesso, benché valorizzato, restava relegato alla funzione di semplice spalla dei protagonisti.

Il primo a concepire donne a fumetti capaci di assumere ruoli principali fu proprio il papà di Kriminal, lo scrittore che insieme alle sorelle Giussani fu il fondatore del noir italiano: parliamo dell’implacabile e inossidabile Luciano Secchi, alias Max Bunker, che con la bella e maledetta Satanik ideò un’eroina al negativo. L’esperimento gli venne tanto mai bene che decise di passare ad un personaggio di animo buono e così diede vita a Gesebel, protagonista di una serie fantascientifica che, anche se non ebbe la fortuna di Satanik, fu ugualmente uno dei successi editoriali del momento.

A questo periodo d’oro per il fumetto italiano appartenne anche la fortunatissima Valentina, nata nel 1965, ma attenzione perché la bella creatura di Guido Crepax era tutta concentrata sul suo erotismo; l’immagine femminile manteneva nella maggior parte dei casi i suoi caratteri di distinzione rispetto all’altro sesso.

Riassumendo, quindi, gli esordi per le eroine non furono affatto facili. Al di là dei prodotti di Secchi, che in questo senso fu un vero e proprio precursore, i personaggi femminili, che nei western classici come Tex e anche rimodernati come Zagor non potevano avere che ruoli marginali, anche nel noir solitamente non andavano oltre un’autonomia limitata.

Negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta la condizione del gentil sesso nel fumetto italiano peggiorò notevolmente. Tramontato il noir, la rivincita delle eroine appariva un sogno molto lontano. Anche una casa editrice come la Eura che al tempo dava largo spazio alle produzioni straniere, in modo particolare provenienti dall’Argentina, continuava a pubblicare sia nelle serie di lunga durata che nelle puntate autoconclusive storie del tutto tradizionali. Senz’altro il grande pubblico dei comics in cuor suo non era ancora pronto a rinunciare ai vecchi ammazza cattivi tutti muscoli, neanche probabilmente le lettrici, che con le loro preferenze avevano decretato insieme ai lettori il permanere della tradizione.

Poi si compì la rivincita del gentil sesso. Dalla fine degli anni Novanta iniziarono a spuntare come funghi le protagoniste di nuove serie che riscossero ampi successi. Le eroine restano tutt’oggi numericamente inferiori rispetto ai loro colleghi uomini, ma alcune di loro stanno davvero dando del filo da torcere in popolarità ai vecchi e ai nuovi personaggi maschili. Un nome, quello di Julia Kendal, splendida creazione di Giancarlo Berardi, può essere già sufficiente. Ma sempre in casa Bonelli sono arrivate Gea e Legs Weaver che, anche se non hanno avuto la stessa fortuna dell’amata criminologa, hanno pur sempre avuto una serie tutta loro. E anche il precursore Luciano Secchi è tornato a partorire personaggi principali femminili con Kerry Kross e Beverly Kerr, ma stavolta con molta meno originalità.

Si tratta di eroine che non si limitano ad un ruolo di spalla come tuttora detiene Eva Kent nella serie di Diabolik, ma sono capaci di essere forti e coraggiose al pari dei loro colleghi maschi. Viene da chiedersi perché solo alle soglie del nuovo millennio anche le donne hanno avuto un posto significativo nel fumetto. C’è da dire che, al di là delle proteste di gruppo o delle sfilate di piazza, ogni cambiamento sociale necessità di lunghi tempi per concludersi e la liberalizzazione femminile non è stata un’eccezione; il fumetto, come forma d’arte a tutti gli effetti, ha testimoniato lo svolgersi di questo lento processo.

 

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(01/11/2007)

 

   

 

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